da nuetor, ad perma, as disa acsé
"mo chèra, te ghé 'na testa c'la magnan gnanca i gosen!"
traduzione
mio caro, c'hai una testa che non la mangiano neanche i maiali (detto di una persona un po' stupida)
"maledito ti e c'la vaca ed to' mèdor!"
si commenta da solo

poi ho tanti di quegli aneddoti

Luciano Zambrelli un giorno era a lavorare dalle parti di Trieste dove, assieme ad un collega, aveva lavorato sodo per finire in giornata. I due andarono a cena molto tardi e siccome non c'era tempo per fare ricerche si fermarono nel primo ristorante che incontrarono. Era un locale di lusso e aveva come specialità il pesce. Mangiarono aragosta e bevvero un vino bianco adeguato.
Anche il conto fu adeguato e il giorno dopo, quando andarono dal ragioniere per il rimborso delle spese, questi si arrabbiò molto. Fece loro una predica e concluse :
"Mi j'ò sinquant'an e n'ò mai magnè l'aragosta!"
io ho 50 anni e non ho mai mangiato l'aragosta!
"L'à fat mäl ragioner. L'é bon'na bombén".
ha fatto male, è molto buona
Il "Ghitta" aveva l'abitudine di andare nei negozi,prendere qualcosa e non pagare. Se ne andava dicendo:
"A se v'dèmma". (Ci vediamo).
Un giorno, per distrazione, andò a far compere in un posto dove era già stato. Finita la spesa se ne stava andando dopo aver pagato con il solito "A se v'dèmma" quando il commerciante lo bloccò per un braccio e gli chiese a muso duro:
" A ne s' semia miga bel'e vist ?!"
(Non ci siamo già visti ?)
Mi raccontava un anziano abitante di borgo Torto che tra le due guerre, nella sua famiglia, per letto avevano tavole di legno montate su cavalletti e per materasso i "scartoc" del granoturco.(l'involucro esterno che protegge il frutto). Al mattino vi infilavano una mano e li muovevano un po'.
"A gh'era dentor dil simzi (cimici) che quand i gnèvon fora i parèvon i prét al conclavo".
(C'erano dentro delle cimici che quando uscivano sembravano preti al conclave)
Si era al Tardini negli anni in cui nel Parma giocava un certo Marchi che era bravo ma aveva il vezzo di voler sempre scartare gli avversari e di non passare sempre tempestivamente la palla ai compagni. Stava facendo una discesa con interminabili zig-zag e senza passare la palla, quando l'ortolano Fornili, detto "Formìlli", gli gridò:
"Al portot a la crezma col balón li ?"
(Lo porti alla cresima il pallone ?)
L’amico Fausto incontrò un conoscente che lo salutò dicendo:
“Ingegnere carissimo!”
“Carissimo l’é ‘l dentista, miga l’inzgner” rispose.
“Cambia molinär, cambia lèdor”. Recita un antico proverbio. I contadini infatti portavano il frumento al molino e, dopo qualche giorno, ritiravano la farina sperando, senza contarci troppo, nell’onestà del molinaio.
Il concetto è ribadito anche nella seguente storiella che si raccontava nelle stalle.
Un parroco, in preparazione alla Pasqua, pensando a come organizzare il programma delle confessioni, ragionava tra se:
“ Lundì il donni, martedì i ragass, marcordì j omi..no, giovedì j ommi. Marcordì gh’è ‘l molinar !”
(Lunedì le donne, martedì i ragazzi, mercoledì gli uomini. No, giovedì gli uomini, mercoledì c’è il molinaio”)
“I m’an ditt ch’a gh’ò un tumor e i m’an anca ditt ch’a pòss anca morir. A gh’ò otant’an, son sempor ste onést, chi s’nin frega!"
Un anticlericale, incrociando un prete, in modo provocatorio, disse:
“Sa torn a nasor a fagh al pret !”
(Se torno anascere faccio il prete)
