Carne viva che sanguina. E’ come se scoppiasse dentro di me e non riesco a sentire null’altro.
Dolore cieco e devastante che percuote ogni fibra del mio essere.
Ho bisogno di dormire per annullare. Ho bisogno di scrivere per non lasciarmi soffocare. Ho bisogno di estirpare questo male che sento e lasciarlo lì, sulla carta, per allontanarlo da me.
Sapevo che sarebbe accaduto quando l’ho presa, cercavo però di respingere lontano da me quest’idea. Sapevo che sarebbe stato doloroso, ma non avevo idea di come potesse essere devastante.
La mia “cotoletta di pelo”, la mia piccola figlia, la principessa della casa, il mio tesoruccio dolce, la mia cipollotta impicciona, la mia sorellina di 5 anni mi ha lasciata stamattina..
Io che ogni tanto mi svegliavo, in piena notte, con l’angoscia che non ci fosse più.
Io che mi sentivo venir meno se solo mi accorgevo di un taglio, di una piccola escrescenza che prima non aveva. Io che mi avvicinavo a lei dandole il suo amato grattino. Io che l’ho portata a casa con me tenendola stretta quando poteva stare solo sulla mia mano. Io che l’ho curata da “mamma medicina”, quando nessun altro aveva il coraggio di darle le cure di cui aveva bisogno. Ecco che ora la tenevo tra le braccia mentre si dibatteva tra gli ultimi spasmi della sua vita.
Ho visto il suo respiro affievolirsi sempre più ed i suoi occhi dolci restare ancora una volta aperti, immobili per sempre.
La mia rosicchiatrice folle. La mia piccola tigre nera che sbuffava per ognuno che entrava in casa; il mio tesoro dolce che si gettava su me per richiamare i suoi grattini quotidiani, mi ha appena lasciata da sola.
Povera piccina adorata avrei dato non so cosa per non farti soffrire neppure un istante, tu che hai sempre resistito ad ogni acciacco in questi anni fin da quando ti ho preso con me. Avrei voluto donarti la vita eterna se mi fosse stato possibile. Invece no, mi hai lasciata nel vuoto più totale.
Avrei voluto dedicarti anche un solo minuto in più, avrei voluto fare qualcosa in più per te, ma ti ho solo tenuto stretto tra le mie braccia fino a che il tuo corpo non si è fatto di ghiaccio.
Ho desiderato che ti fossi solo addormentata, ma tu non l’hai fatto mai. Spirito irrequieto che mi cercavi e che volevi decidere in ogni cosa, se, quando, dove e quanto tempo stare immobile per le tue coccole e per le mie.
Le dosi erano eque, prima grattino a te e poi coccole a me. Intrufolavi la testa sotto la mia mano e poi la rialzavi per leccarla, mentre mi guardavi con quel musetto dolcissimo.
Non ho mai visto una faccina più tenera della tua, piccola pasticciona.
Quante volte ti sei fatto inseguire per la casa perché ti intrufolavi dove non dovevi. Lo so che non amavi stare tutta sola, se stavi in bagno era perché avevamo paura dei fili elettrici nelle altre stanze. Quanti ne hai fatti fuori in questi anni. Era quello il posto più sicuro, più protetto dai tuoi denti impertinenti, ma tu non hai mai amato tanto questa "gabbia" e qui sei morta, piccola mia. Una birba con il musetto sporco di marmellata quando ti pescavamo a fare qualcosa che non dovevi e tu ci guardavi trotterellando con l’aria di chi “io non ho fatto nulla, perché mi guardate così?”.
E con te se n’è andata una parte di me perché l’amore per te è stato incondizionato, folle, sincero e senza alcuna pretesa.
Una “figlia” a cui si dedica tutto, tempo, spazio, regali, amore e cure che non riservavo neanche a me stessa.
Piccola “cotoletta di pelo”, piccola pantofola adorata, non riesco a pensare che non ci sarai più, che non salterai in giro, che non ti intrufolerai come un bimbo viziato nei sacchetti della spesa per cercare la tua razione di insalata ancor prima che te la servissi io, o nel portafrutta per arraffare la carota che non hai mangiato per quattro anni o per sgranocchiare banane sempre dalla parte meno visibile ai nostri occhi salvo poi esclamare “qui è passata la volpe”. Piccolo topone sto ancora asciugando con il palmo della mano le lacrime che scendono a rigare il volto. Non ho più occhi oggi, sono chiusi a due fessure piccine per il troppo piangere.
Quando ti ho accarezzato senza vita, tu te ne stavi con i tuoi occhi di sempre a fissarmi. Ti ho preso le guanciotte come ti piaceva tanto, ma non hai reagito ai miei sforzi. Pollicino caro non riesco a spiegare come mi sento, non riesco a farti capire che una parte di me si è spezzata irrimediabilmente e che il dolore è tornato con prepotenza nella mia vita, proprio ora che credevo di averlo disperatamente superato grazie anche alla tua dolcezza. Prendersi cura di te era una responsabilità a cui non potevo sottrarmi e questo mi ha aiutato tanto a superare tutto il resto.
Ho gli occhi gonfi, come poche ore fa ma non ci sei più con me e mi sento impazzire. Corro verso la tua “villetta” ed è vuota. Questa casa è piena di te, i disegni, i peluche, i piccoli oggetti a forma di coniglio, la tua anima è ancora qui.
Non potevo credere quando ti ho preso che ti avrei amato così tanto. Non potevo credere che avrei sofferto così perché non immaginavo che tu potessi avere la stessa presenza fisica di un essere umano.
Eri tu la mia scelta e sapevo che sarebbe durata finché tu non avessi deciso il momento in cui andar via. Mi sento più sola adesso, ma non riuscirò che a pensare a te per sempre.
Piano piano mi abituerò all’idea di non vederti scorrazzare per casa a mo' di Speedy Gonzales, a vederti scartare il cibo che non ti piaceva proprio, ad imporre la tua volontà con un piglio di ferro.
La tua prima in notte in casa con me l’hai passata di nascosto appollaiata sul mio cuscino.
Eri lì che ti godevi la compagnia un po’ in disparte, come sei sempre stata del resto.
Eri tu che hai raccolto i miei pensieri in tanti anni.
Eri tu che sentivi le persone di cui mi potevo fidare e quelle da cui stare lontana.
Piccolo batuffolo di pelo mi hai riempito 5 anni di vita in ogni momento e non potrò pensare di prendere un'altra come te, perché la chiamerei allo stesso modo, ma non saresti comunque tu.
Io voglio ancora te, non voglio nessun altro. Vorrei davvero poter dormire e svegliarmi e credere che sei ancora vispa come sempre. Vorrei vederti ancora alla porta, negli angoli più impensati, sotto l’armadio, sotto il letto, nella valigia aperta, nel forno spento (disgraziata!). Vorrei vederti sgranocchiare la carota trasformandola in una matita appuntita, vorrei vederti sgranchire le gambotte per poi trotterellare per casa, vorrei vederti i dentoni mentre sbadigliavi con un viso che mi riempiva di orgoglio. Oddio vorrei che tu non mi avessi abbandonata…e non vorrei sentire ancora il cuore lacerato dal dolore profondo che sento adesso dopo averti portato dal veterinario. Lui si ricordava di te, sai, perché eri il suo primo paziente coniglio e ricordava il tuo salto dal lettino al mio collo quando hai visto la prima siringa, proprio uguali io e te vero Toffee? Quanto odiamo le siringhe.
Oggi non posso più giocare con te. Non posso metterti la matita davanti e tu non potrai spingerla più. Domani mattina non potrà più darti il solito pezzetto di biscotto ...
Un’altra morte si aggiunge nella mia vita, una morte consapevole ma inaccettabile allo stesso modo. Gli animali riescono a suscitarti le stesse sensazioni di un essere umano, se non di più. La loro fragilità li avvicina sempre di più ed il cuore fa male di fronte all’impotenza.
E' come se avessi perso un figlio naturale.
Lo strazio mi avvolge, il mio cuore si è spezzato ancora una volta. Piccolo tesoro mio, vorrei poterti ridare la vita, anche in cambio della mia.
Perdonatemi se ne ho scritto. Mi sento uguale a prima

