Ho comprato Matisse nemmeno un mesetto fa. E' una kawasaki er6n nera con un po' di viteria in ergal dorata che non fa mai male, comprata da un gentilissimo ragazzo del torinese che me l'ha fatta provare prima di poterla acquistare. 5126 chilometri, del 2007, mai incidentata.
Fino ad oggi.
Macino i miei primi chilometri. La uso come sostituta della macchina nei 10 chilometri che mi separano da lavoro, stradine per lo più tranquille e moderatamente trafficate per sette chilometri, una strada pressoché deserta e ben battuta per gli ultimi 3 prima di arrivare a lavoro, in cui posso prendere un pochino di confidenza con la moto senza tirarla troppo, giusto da farmi le ossa tra curve e tornanti. Ad oggi, 5475 chilometri.
Torno da lavoro verso l'una, mangio e mi addormento felice come un bimbo ripensando alla strada che dovrò farmi nel giro di due ore. Capatina a casa di un amico e uscita in moto a due verso Courmayeur sperando che quelle nuvole poco invitanti siano lì per sbaglio e che levino le tende a breve.
Mi sveglio alle tre, infilo il casco e lo allaccio per bene, sistemando le protezioni della giacca su spalle e gomiti. Matisse mi aspetta fuori, mi infilo i guanti e parto. Ho il tempo di fare circa un chilometro. Mi fermo alla rotonda per dare precedenza a un collega motociclista che saluto prima di ingranare la prima e immettermi in rotonda. Sono circa a metà rotonda, a una velocità francamente ridicola, quando vedo un furgoncino tagliarmi la strada solo per poi inchiodare praticamente a metà rotonda, quando si accorge di me. Da lì in poi ho qualche flash confuso. Ricordo solo di aver serrato di colpo la mano destra mentre ero in rotonda, poi la ruota davanti della moto che va per i fatti suoi e io che chiudo gli occhi, riuscendo a malapena a pensare "m***a".
Mi ci vuole un attimo per riprendermi, sbatto gli occhi un paio di volte, ma vedo solo delle ruote un po' troppo vicine alla mia faccia e la visiera del casco rigata. Oltre a questo, sento qualcosa di decisamente pesante che mi preme sulla mia caviglia e il calzino sinistro un po' umido. Divincolo il piede da sotto la moto e in qualche modo striscio fino alla zona verde adiacente alla rotonda, sedendomi e cercando di capire cos'è successo. Mi accorgo solo in quel momento di avere cinque o sei persone intorno che mi fissano ed una in particolare che continua a chiedermi come sto. E' un ragazzo sulla trentina, forse un muratore, sicuramente il guidatore del furgoncino. Alzo un po' la visiera, quel tanto che basta per balbettare un "ma v********o" che nemmeno io ora so se è più indirizzato direttamente a lui o alla scena a cui sto assistendo.
Matisse viene rimesso su due ruote e gentilmente condotto sul bordo della strada da un motociclista mosso da evidente compassione che ringrazierò non appena mi sarà abbastanza vicino da sentirmi. La moto è bollata sul serbatoio da entrambi i lati, anche se non so come sia potuto succedere, è saltata un po' di vernice ed uno dei tamponi paracarena che ha probabilmente attutito i danni. Le pedaline hanno raschiato un po' per terra, il cambio sembra essere integro ad una prima occhiata. Il ragazzo che mi ha tagliato la strada continua a parlarmi con evidente rammarico, ma non lo sto nemmeno ascoltando. Ho gli occhi lucidi nel vedere la mia prima moto per terra, a ripensare alla fatica e ai sacrifici fatti per poterla avere. In quel momento spero solo egoisticamente che non abbia nessun danno, eccetto quelli estetici. Riguadagno un po' del mio lato umano momentaneamente perso e mi concentro sul ragazzo, rassicurandolo sulle mie condizioni e scusandomi per il mio precedente sfogo. Mi accendo una sigaretta mentre mi racconta la dinamica dell'incidente. Escludendo la sua inchiodata, l'errore è stato mio: ho inchiodato di colpo quando ero un po' piegato sulla sinistra e la ruota sinistra è scivolata, facendomi cadere. Metà del lavoro di salvataggio della carrozzeria della mia errina è stato fatto (a dovere) dal mio piede e dalla mia caviglia oltre che dal tampone. Ho strisciato per un metro scarso sull'asfalto con il peso della moto sulla caviglia, mentre la pedalina si premurava di controllare se la carne sopra il mio tallone fosse abbastanza tenera. Più che un taglio è un buco di modeste dimensioni. Un lampo di genio mi attraversa la mente "elementare Watson, ecco perché ho il calzino bagnato". Purtroppo, in seguito alla brillante idea, mi accorgo di non riuscire quasi del tutto a muovere il piede e se questo non poggia completamente a terra, mi fa un male dell'anima un paio di centimetri prima dell'alluce. Mi sento un pochino confuso e ho un po' di male al collo. Questo perché ho deciso di testare (letteralmente) quanto fosse resistente in paraurti del furgoncino. Decido che è meglio non togliere il casco, anche se mi sento soffocare e mi limito a slacciarlo, con un po' di fatica.
Arriva l'ambulanza e mi portano in ospedale. Nel giro di un paio di minuti sono alla mercé di un mio carissimo amico che è di turno al pronto soccorso. E' stato già informato di tutto e, da buon motociclista anche lui, per prima cosa mi rassicura sullo stato di salute della moto. "E' già a casa, l'ha presa tuo fratello. E' un pochino ammaccato il serbatoio, ma il cambio sembra a posto, le marce entrano senza problemi. Stai tranquillo." Mi toglie il casco ormai inutilizzabile e ringrazio vivamente la marushin per avermi salvato la testa. La giacca e i guanti sono un po' rovinati, ma le protezioni hanno fatto il loro dovere. Comincia a slacciarmi la scarpa, e lì sono dolori. Non riesco assolutamente a muovere la caviglia, che assomiglia a una prugna matura tanto è viola e mi sembra che la scarpa si sia ristretta all'improvviso, come se fosse di due numeri più piccola. Dopo aver tagliato i lacci seguono una manciata di secondi di fitte a tutto il piede mentre mi sfila la scarpa. Il calzino lo taglia direttamente.
Con sorpresa mi accorgo che non è solo la caviglia a sembrarmi una prugna, ma tutto il piede. Ho un po' di sangue rappreso dietro la caviglia e sul tallone, l'unghia dell'alluce decisamente nera, il resto è viola. Risultato: un reticolo di microfratture lungo tutto il tarso del piede sinistro (mi ha citato una serie di ossa di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza) e una lussazione fortunatamente non grave alla caviglia. Non riesco comunque a muovere il piede. Una serie di bendaggi stretti, un gesso leggero e torno a casa.
Sono ostinato come un mulo e voglio assolutamente sedermi sulla sella della mia errina. La abbraccio e la coccolo per una decina di minuti con un magone indescrivibile ogni volta che vedo i due punti in cui è saltata la vernice e il bozzo sul serbatoio. Mi attende un breve periodo di stop, almeno una settimana, in cui non potrò usare la moto. Certo è che in questa settimana avrò il tempo di rimettere Matisse in sesto, sperando di aver imparato qualcosa oggi.

Lamps!