Husky666 ha scritto:
Ci sono solo 200 posti? Devo rientrare tra i primi 200 - e non importa che liceo ho frequentato o altro - altrimenti cambio facoltà o sede. In teoria non c'è niente di più meritocratico. Non c'entra l'avere culo, c'entra l'essere più preparati.
Il diritto allo studio non deve essere dato su base meritocratica; nelle scuole superiori (cosi come nelle medie e nelle elementari) sono i posti che si adeguano al numero degli studenti;
ad esempio c'e' un anno con molti iscritti, la scuola avra' premura di creare piu' sezioni; infatti nelle scuole il numero di posti non e' fisso (e meno male); anche se non e' scuola dell'obbligo oggi l'universita' per molti e' necessaria per poter seguire le proprie passioni, svolgere l'attivita' che piu' si desidera, ecc... il discorso dovrebbe essere lo stesso; se il discorso dei numero chiuso diventasse generale, vorrebbe dire lasciare a casa molti studenti che sono meritevoli e hanno voglia di studiare, e questo vuol dire negare il diritto allo studio; solo che su larga scala uno puo' non rendersene conto; inoltre l'universita' e' una struttura pubblica, vuol dire che contriuiscono tutti quelli che pagano le tasse e quindi come si dovrebbe sentire un genitore che paga le tasse che servono anche per l'universita' e vede che suo figlio nonostante la voglia di studiare non riesce ad accedere all'universita' che desidera.
Husky666 ha scritto:
La verità è che prima o poi bisogna discriminare, ed è meglio prima, quando si è ancora in tempo per rimediare, che poi"
In realta' lo studio serve anche per non dover essere costretti a subire le discriminazioni, cioe' cioe' non subire selezioni e giudizi espressi da altri.
Husky666 ha scritto:
Il numero chiuso non abbassa il livello di istruzione, è il mercato del lavoro incapace di assorbire persone qualificate, come in Italia, che abbassa il livello di istruzione, perchè prende dei laureati e fa svolgere loro lavori di segreteria. Il numero chiuso semplicemente si assicura di non creare squilibri troppo grossi tra la realtà e i sogni dei ragazzi, legando questi ultimi alle effettive possibilità che poi troveranno una volta finito il percorso di studi.
Il mercato del lavoro non puo' influenzare lo studio, sarebbe assurdo, torneremmo alle scuole di avviamento; il lavoro si crea, ma per crearlo ci vogliono persone che hanno studiato. Se poi ti ritrovi a fare un lavoro che non ti aggrada, gli studi che hai fatto sono importanti per poter cambiare in futuro la tua posizione. Gli studi che hai fatto te li porti dietro a vita e non solo nei primi anni di inserimento nel mondo del lavoro.
Husky666 ha scritto:
Il problema nostro è che abbiamo la tendenza a mandare avanti tutti - nelle scuole superiori non si boccia più, i numeri chiusi ci innervosiscono, quasi quasi ci incazziamo pure se le aziende selezionano in base al voto di laurea. La verità invece è che dovrebbe esserci una selezione ben più severa a tutti i livelli, e solo i migliori vanno avanti. Che non significa lasciare indietro gli altri, ma tentare di responsabilizzare i ragazzi fin da giovani, spingendoli a dare il meglio perchè altrimenti nella vita si troveranno male. Oggi invece facciamo andare avanti tutti perchè poverini, tutti hanno il diritto, producendo poi una marea di laureati fuori corso immaturi e sfaticati che nel mercato del lavoro internazionale vengono presi a pesci in faccia. C'è da riflettere.
Gli esami universitari non sono semplici e in molti casi effettuano vere e proprie "decimazioni", e' invece con i numero chiuso che le cose potrebbero cambiare e in virtu della selezione fatta all'ingresso.
Husky666 ha scritto:
Avere successo nella vita non è un diritto, è una conquista. Prima lo si capisce, meglio ci si trova. Possiamo proteggere i ragazzi finchè vogliamo, ma prima o poi devono fare i conti con questo dato di fatto. Ripeto, meglio abituarli a lottare fin da subito, perchè nel mondo vero di test di ingresso ce n'è uno ogni due minuti.
Qui si parla di studio non di successo, la responsabilizzazione non la ottieni con la selezione all'ingresso; un ragazzo che porta a termine l'universita' pernso che si senta molto piu' "responsabilizzato" di quando aveva 18 anni; poi l'impatto con il lavoro e' duro per tutti.