Ma ho risolto, comprerò una tuta. (Il titolo che avevo in mente per intero, cioè questo, non ci stava...)
Credo che tutti quelli a cui sia capitato di cadere sappiano con quale peso nel "cuore" si vive il rialzare la moto, il controllare i danni, il tornare a casa. Ebbene è con questo peso che vi sto scrivendo.
Oggi sembrava una giornata normalissima, anzi, era una giornata normalissima. Poi all'ultimo secondo, si concorda un giro in moto con la compagnia...
Pantaloni, giubbotto, guanti e scarponcini e si va: "Come fai? Fa caldo." mi sono sentito dire dagli altri, ma preferisco essere un pesce sudato dentro i miei vestiti, che essere fresco con la pelle al vento.
E poi soltanto i ruomori, anzi, i suoni, delle moto.
Da Rimini a San Marino, da San Marino a San Leo, da San Leo a Novafeltria e da Novafeltria a Sant'Agata Feltria, una piega dopo l'altra, com'è strana la sensazione della libertà, del vento, com'è strano e inconcepibile quello che significa andare in moto.
Ma l'uomo, almeno nel mio caso, è un animale stupido, molto stupido.
Così inizia a tirare, a fare le traiettorie, a stringere di qua e piegare di là. Dopo un po', gli altri non riuscivano più a tenere il passo, avrei dovuto fermarmi.
Invece no, i tornanti mi chiamavano, stare in carena, andare giù con la moto, era un qualcosa di tremendamente pericoloso ed eccitante. Ero fuori di me.
Poi, il fattaccio.
Curva in salita verso sinistra, bella, medio-veloce; ci entro e come al solito ripeto tutto meccanicamente. Lo sguardo segue la traiettoria, i piedi si spostano in punta e la moto comincia a scendere.
Scende, scende, scende ancora. Il lato del piede, un po' fuori dalla pedalina, comincia a strisciare, lo sposto all'interno, ma ora a strisciare è la pedalina stessa.
Non so se abbia fatto da leva puntando contro l'asfalto, o se ad abbandonarmi sia stato il posteriore, tempo qualche secondo però, ed ero per terra.
Triste, così triste e preoccupato per la moto, frutto sudato dei MIEI risparmi, che del ginocchio sanguinante sotto i jeans strappati, non me n'ero nemmeno reso conto.
Tiro su la moto, con la testa pesante dentro il casco.
Dove c***o credevo di essere, al Mugello?
Sopraggiungono gli altri, ma li mando via, li invito a continuare senza preoccuparsi, è una cosa che riguarda me, in parole povere, voglio stare da solo. E via, al contrario, verso casa.
Settanta chilometri di rabbia e denti stretti, settanta chilometri di cambiate impossibili, dato che la pedivella si era spezzata ed ero costretto a tirare su la leva dal "lato lungo". Infernale.
Eppure, per tutto il ritorno tra i miei pensieri balenava l'immagine del momento in cui mi sono vestito, di quei "Fa caldo" ignorati bellamente.
Perchè con un bilancio che sa di guerra (Almeno per me) come un jeans stracciato ad altezza ginocchio, un giubbotto tecnico (Rev'It Air, c'è un GDA qui sul Tinga, per quello che vale, mi ha soddisfatto...) con una manica strappata e gli scarponcini tutti rigati, non posso pensare a come ne sarei uscito coi pantaloncini corti, la maglietta o un giubbotto non tecnico e delle scarpe normali, magari dei sandali se proprio volessimo esagerare.
Già, ora però il mio abbattimento è verso la moto, ma rinascerà, il problema è solo economico purtroppo.
Fa caldo? Io mi metto (E mi compro) una tuta.
PS: Scusate per lo sfogo lunghetto, ma non fate gli idioti come me, e non lesinate sull'abbigliamento. Io sono caduto da solo, è vero, ma poteva anche essere colpa di un altro, il risultato non sarebbe cambiato, avrei sempre avuto il culo per terra. Al contrario di quanto magari si può intuire dal racconto, non andavo neanche velocissimo, dovevo essere attorno ai 60/70 Km/h.
